“Dottore…. . dottore….. il mio bambino si ammala troppo spesso!!”
Purtroppo non è possibile che i
bambini non si ammalino mai, quindi ci dobbiamo chiarire le idee su cosa
intendiamo con il termine “spesso”. Infatti questa parola può avere un
significato diverso per ciascuno a seconda delle aspettative, degli impegni,
del lavoro, di come si vive la malattia del bambino e di mille altre cose. Per
esempio, anche a seconda della età del bambino.
Durante il primo anno sono
abbastanza rare le malattie febbrili, perché il piccolino frequenta
relativamente poche persone che, in genere, se sono raffreddate evitano di
sbaciucchiarlo. Cambia qualcosa quando in famiglia ci sono fratelli che possono
“portare a casa” qualche germe che magari ai grandi da solo un banale
raffreddore ma al fratellino più piccolo potrebbe provocare qualche problema in
più.
Tuttavia il vero inizio delle
malattie dei bambini (parliamo sempre delle più comuni e frequenti) coincide
con l’ingresso in comunità, sia che si tratti dell’asilo nido o della scuola
materna. Le statistiche ci dicono che si possono considerare “normali” fino a
5-6 episodi febbrili durante il primo anno di asilo, mentre negli anni subito
successivi si può arrivare fino a circa 4-5. Poiché in genere queste forme sono
concentrate nella stagione fredda, può capitare di fare una febbre (il semplice
raffreddore non conta) quasi una volta al mese! Attenzione però. Si deve
trattare di malattie banali che si risolvono in pochi giorni senza
complicazioni. E’ diverso se il bambino si ammala ripetutamente di malattie più
impegnative che guariscono con difficoltà. In questo caso possono essere
opportuni degli esami di approfondimento.
Con la crescita gli episodi
febbrili diventano più rari, per arrivare a una frequenza simile a quella degli
adulti nell’età dell’adolescenza.
Ma perché succede questo? Le
mamme più sperimentate dicono che “si deve fare gli anticorpi”. Questa
affermazione, sebbene molto semplificata, è sostanzialmente vera. Il professor
Bartolozzi, un maestro della pediatria recentemente scomparso, ripeteva spesso
l’esempio dei libri e della biblioteca. Ogni volta che un bambino si ammala di
una forma virale o batterica organizza il suo sistema immunitario e sviluppa
una resistenza all’agente che lo ha fatto ammalare. Se incontra di nuovo quel
germe avrà le difese già pronte e non contrarrà la malattia, mentre se dovesse
incontrare un germe non uguale ma simile a quello avrà comunque delle difese
abbastanza efficaci e andrà incontro a una malattia più lieve che guarirà prima.
Diciamo che ad ogni malattia (o vaccinazione) il bambino farà un nuovo “libro”
ma all’inizio la sua “biblioteca” sarà
limitata per cui è più facile contrarre dei germi nuovi. Con l’andare
del tempo e delle infezioni la sua “biblioteca” si arricchirà di nuovi “volumi”
e sarà più difficile incontrare dei germi per il quale non ha già il “libro”
giusto o quello quasi giusto.
Ma cosa possiamo fare per fare
ammalare meno i nostri bambini, posto comunque che un certo numero di febbri
spettano a tutti? Alcune cose importanti sono già state trattate in altre parti
di questo sito: le vaccinazioni, l’abitudine a lavarsi le mani e a mettere la
mano davanti alla bocca quando si tossisce o si starnutisce, il frequentare
luoghi aperti ed evitare quelli chiusi con alta concentrazione di persone
potenzialmente contagiose, l’evitare nei limiti del possibile, di mandare il
bambino all’asilo quando ha già evidenti segni di malattie delle vie aeree (tosse
e raffreddore) anche se non ha ancora febbre. Vorrei ora introdurre due aspetti
che potrebbero essere di un certo interesse e utilità pratica: la convalescenza
e il “colpo d’aria”.
Il primo sembra concetto obsoleto
proprio della medicina dei nostri nonni. Invece i più recenti studi sul
funzionamento del sistema immunitario hanno messo in luce che ogni volte che ci
si ammala le nostre difese tendono per un certo periodo ad essere più
vulnerabili. Quindi un bambino potrebbe essere clinicamente guarito ma più
esposto a contrarre una nuova infezione se rientra troppo presto in comunità.
Varrà quindi la pena, se possibile, di tenerlo a casa qualche giorno in più
dopo la guarigione. Al momento potrà sembrare ai genitori di perdere inutilmente
giorni di lavoro, ma alla fine dell’anno il saldo potrebbe essere positivo
perché, ammalandosi di meno, avrà frequentato l’asilo per un numero complessivamente
maggiore di giorni.
Infine parliamo del cosiddetto
“colpo d’aria” croce e delizia di papà e nonni ansiosi. “Hai visto non ha messo
il cappellino (oppure è stato in mezzo alla corrente, oppure è stato all’aria
condizionata, oppure è stato portato fuori quando faceva freddo, oppure ha
sudato, oppure…) e adesso si è ammalato!” Ora non intendo certo suggerire di
mettere il bambino sudato al freddo e nelle correnti d’aria per di più senza un
adeguato cappellino, tuttavia da quanto detto sino a qui è chiaro che per
ammalarsi bisogna venire in contatto con qualche germe che, nella grande
maggioranza dei casi, è trasmesso da un’altra persona. Certamente il clima
freddo, diminuendo l’attività delle microscopiche ciglia vibratili che
ricoprono le vie aeree, favorisce “l’attecchimento” di virus e batteri e questo
è il motivo per cui ci si ammala più nei mesi freddi. Tuttavia la stessa cosa
avviene a causa del fumo passivo e dell’inquinamento e non ho mai sentito
nessuno che si è ammalato a causa di un “colpo di fumo o di inquinamento”.
Quindi, come ultimi consigli: quando fa freddo copriamo i nostri bambini in
maniera ragionevole (un po’ di più dei grandi ma senza esagerare) e cerchiamo
di evitare il fumo passivo e di portare i bambini nei posti che potrebbero
essere più inquinati.