dott. Marco Cesare Giussani
Pediatra di famiglia
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E' sempre ammalato!

Data ultima modifica: 27/8/2013
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Dottore... dottore... il mio bambino si ammala troppo spesso!

“Dottore…. . dottore…..  il mio bambino si ammala troppo spesso!!”

 

Purtroppo non è possibile che i bambini non si ammalino mai, quindi ci dobbiamo chiarire le idee su cosa intendiamo con il termine “spesso”. Infatti questa parola può avere un significato diverso per ciascuno a seconda delle aspettative, degli impegni, del lavoro, di come si vive la malattia del bambino e di mille altre cose. Per esempio, anche a seconda della età del bambino.

Durante il primo anno sono abbastanza rare le malattie febbrili, perché il piccolino frequenta relativamente poche persone che, in genere, se sono raffreddate evitano di sbaciucchiarlo. Cambia qualcosa quando in famiglia ci sono fratelli che possono “portare a casa” qualche germe che magari ai grandi da solo un banale raffreddore ma al fratellino più piccolo potrebbe provocare qualche problema in più.

Tuttavia il vero inizio delle malattie dei bambini (parliamo sempre delle più comuni e frequenti) coincide con l’ingresso in comunità, sia che si tratti dell’asilo nido o della scuola materna. Le statistiche ci dicono che si possono considerare “normali” fino a 5-6 episodi febbrili durante il primo anno di asilo, mentre negli anni subito successivi si può arrivare fino a circa 4-5. Poiché in genere queste forme sono concentrate nella stagione fredda, può capitare di fare una febbre (il semplice raffreddore non conta) quasi una volta al mese! Attenzione però. Si deve trattare di malattie banali che si risolvono in pochi giorni senza complicazioni. E’ diverso se il bambino si ammala ripetutamente di malattie più impegnative che guariscono con difficoltà. In questo caso possono essere opportuni degli esami di approfondimento.

Con la crescita gli episodi febbrili diventano più rari, per arrivare a una frequenza simile a quella degli adulti nell’età dell’adolescenza.

Ma perché succede questo? Le mamme più sperimentate dicono che “si deve fare gli anticorpi”. Questa affermazione, sebbene molto semplificata, è sostanzialmente vera. Il professor Bartolozzi, un maestro della pediatria recentemente scomparso, ripeteva spesso l’esempio dei libri e della biblioteca. Ogni volta che un bambino si ammala di una forma virale o batterica organizza il suo sistema immunitario e sviluppa una resistenza all’agente che lo ha fatto ammalare. Se incontra di nuovo quel germe avrà le difese già pronte e non contrarrà la malattia, mentre se dovesse incontrare un germe non uguale ma simile a quello avrà comunque delle difese abbastanza efficaci e andrà incontro a una malattia più lieve che guarirà prima. Diciamo che ad ogni malattia (o vaccinazione) il bambino farà un nuovo “libro” ma all’inizio la sua “biblioteca” sarà  limitata per cui è più facile contrarre dei germi nuovi. Con l’andare del tempo e delle infezioni la sua “biblioteca” si arricchirà di nuovi “volumi” e sarà più difficile incontrare dei germi per il quale non ha già il “libro” giusto o quello quasi giusto.

Ma cosa possiamo fare per fare ammalare meno i nostri bambini, posto comunque che un certo numero di febbri spettano a tutti? Alcune cose importanti sono già state trattate in altre parti di questo sito: le vaccinazioni, l’abitudine a lavarsi le mani e a mettere la mano davanti alla bocca quando si tossisce o si starnutisce, il frequentare luoghi aperti ed evitare quelli chiusi con alta concentrazione di persone potenzialmente contagiose, l’evitare nei limiti del possibile, di mandare il bambino all’asilo quando ha già evidenti segni di malattie delle vie aeree (tosse e raffreddore) anche se non ha ancora febbre. Vorrei ora introdurre due aspetti che potrebbero essere di un certo interesse e utilità pratica: la convalescenza e il  “colpo d’aria”.  

Il primo sembra concetto obsoleto proprio della medicina dei nostri nonni. Invece i più recenti studi sul funzionamento del sistema immunitario hanno messo in luce che ogni volte che ci si ammala le nostre difese tendono per un certo periodo ad essere più vulnerabili. Quindi un bambino potrebbe essere clinicamente guarito ma più esposto a contrarre una nuova infezione se rientra troppo presto in comunità. Varrà quindi la pena, se possibile, di tenerlo a casa qualche giorno in più dopo la guarigione. Al momento potrà sembrare ai genitori di perdere inutilmente giorni di lavoro, ma alla fine dell’anno il saldo potrebbe essere positivo perché, ammalandosi di meno, avrà frequentato l’asilo per un numero complessivamente maggiore di giorni.

Infine parliamo del cosiddetto “colpo d’aria” croce e delizia di papà e nonni ansiosi. “Hai visto non ha messo il cappellino (oppure è stato in mezzo alla corrente, oppure è stato all’aria condizionata, oppure è stato portato fuori quando faceva freddo, oppure ha sudato, oppure…) e adesso si è ammalato!” Ora non intendo certo suggerire di mettere il bambino sudato al freddo e nelle correnti d’aria per di più senza un adeguato cappellino, tuttavia da quanto detto sino a qui è chiaro che per ammalarsi bisogna venire in contatto con qualche germe che, nella grande maggioranza dei casi, è trasmesso da un’altra persona. Certamente il clima freddo, diminuendo l’attività delle microscopiche ciglia vibratili che ricoprono le vie aeree, favorisce “l’attecchimento” di virus e batteri e questo è il motivo per cui ci si ammala più nei mesi freddi. Tuttavia la stessa cosa avviene a causa del fumo passivo e dell’inquinamento e non ho mai sentito nessuno che si è ammalato a causa di un “colpo di fumo o di inquinamento”. Quindi, come ultimi consigli: quando fa freddo copriamo i nostri bambini in maniera ragionevole (un po’ di più dei grandi ma senza esagerare) e cerchiamo di evitare il fumo passivo e di portare i bambini nei posti che potrebbero essere più inquinati.

 


 


 


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